Casa Cesaroni

"I Cesaroni piacciono perché sono come noi"

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Zio Alvi
icon10  view post Posted on 27/1/2012, 14:38     +1   -1




Antonello Fassari torna su Canale 5 con la serie amatissima "Sono un misto di bontà e ferocia, il prototipo del romano"


Bottiglieria dei Cesaroni, studio 20, Cinecittà. Fuori, nei vialoni del centro di cinematografia più famoso d’Italia, il vuoto assoluto, pessimo presagio. Dentro, nel finto locale dei fratelli Cesaroni alla Garbatella, seduti un tavolo, Amendola, la Ricci, Fassari a chiacchierare tra loro. Entrano tre carabinieri dei Nucleo antisofisticazioni. Cercano un topo. I tre appaiono sorpresi e indignati: i Cesaroni tengono pulita e lustra la loro bottiglieria. L’ispezione comincia. Il locale è messo sottosopra. Si scoprirà che si trattava di un criceto: equivoco inevitabile. Antonello Fassari va e viene dal set. E’ la quinta serie di questa che è una delle poche fiction di successo capace di resistere nel tempo, più amata nel nord che nel sud, amatissima a Roma. Nove mesi di riprese per 13 serate con 26 episodi, più 3 puntatone da 100 minuti speciali: una sulla Roma antica, una in Sicilia, una a Milano. La puntatona più divertente? «Quella ambientata nella Roma Antica. Sogno di essere un oste. Mio fratello Amendola è un gladiatore. Coi soldi che ha fatto lottando negli anfiteatri ci compriamo uno schiavo: Max Giusti. Ho riso molto».

Sessant’anni tra poco e quaranta in scena, pagato e con i contributi: «Se non ci fosse stato il governo Monti avrei potuto prendere la pensione, magari continuando a recitare». Tanto teatro, la prima passione, poi tanta tv, e in mezzo il cinema, con Giordana, Pompucci, Lizzani, Placido, mai in ruoli da protagonista, però. «Eppure qualcuno ancora mi chiede di Ciro Buffoni di Romanzo criminale. Non conta stare tanto tempo in scena: conta starci bene. Col fisico che ho, non ho mai potuto puntare a fare l’amoroso o l’eroe. Me lo disse all’Accademia il nostro maestro Orazio Costa: “Quelli come te devono aspettare la maturità per affermarsi”. Ho aspettato». Le è pesato? «No. Il bell’uomo entro i 30 anni deve sfondare. Io posso andare avanti lentamente come un diesel». La popolarità grande, comunque, Fassari l’ha avuta dalla tv: Avanzi, Medicina generale, soprattutto I Cesaroni, nel ruolo di Cesare Cesaroni, un personaggio dentro cui s’è calato talmente bene da non riuscire più a distinguere l’uomo e l’attore. «Cesare è il prototipo del romano. Un misto di generosità e tirchieria, bontà e ferocia, cinismo e sentimento. Piace perchè è come noi. Come me». Allora interpretarlo è facile. «Sì e no. Occorre evitare il rischio della retorica e mantenere un sufficiente distacco. Poi si va». Le pesa essersi chiuso per tanto tempo in questa maschera? «Per niente. Mi piace. Farlo mi ha trasformato in un attore “de panza e de presenza”: quello cui ambivo. Il racconto di questa fiction è pieno di occasioni e spunti che offrono anche a me, Antonello Fassari, l’occasione per riflettere. Calandomi dentro Cesare è come se fosse cresciuto Antonello».

Partecipa alla scrittura del copione? «Mai. L’attore è come un pilota di Formula Uno: arriva quando gli altri hanno fatto tutto e si rivela solo alla prima curva. Il massimo che possa capitarci è cambiare una battuta». Non se ne sente prigioniero? «No. Sono contento di lavorare, un anno dopo l’altro, a questo lunghissimo serial che continua a macinare ascolti. Le mie soddisfazioni me le sono già prese. Ho vinto tre Telegatti: uno con I ragazzi della III C, uno con Avanzi e uno con I Cesaroni. E, come dice Renzo Arbore, ho scritto il primo rap nella storia della canzone italiana: Roma di notte insieme a Marchitelli, Danilo Rea e Pasquale Minieri. E l’ho pure cantato. Che potrei volere di più?». Oggi anche attori che non l’hanno mai fatto vogliono sperimentare il teatro, lei che ne ha fatto tanto invece non ci torna: come mai? «Ho lavorato con i grandissimi: Eduardo, Ronconi, Patroni- Griffi. Poi nell’89 è nata mia figlia. Avevo 35 anni. Ho chiuso. Non si può stare dietro a un figlio mentre vai in giro per l’Italia con uno spettacolo. O l’uno o l’altro». Queste rinunce in genere le fanno le donne. «E perchè? A me appare naturale mettermi da parte di fronte a un figlio. Detesto il protagonismo dell’attore divo. Si collabora con un gruppo per la riuscita di un lavoro. Si sta in scena il tempo necessario, né di più né di meno. Si impara a fare i conti con i propri limiti e le proprie capacità». Lei lo sa fare? «Sì. Il mio motto è: voglio essere secondo a qualcuno e terzo a nessuno». Cosa le dà più fastidio? «Gli improvvisatori. Quelli che in tv si sono conquistati una piccola visibilità e si credono di essere delle star. Durano poco, ma quando li incontri fanno danni». Ha progetti? «Credo che tornerò alla radio. Con la Rai dovrei fare un programma mio. L’ ho già fatto in passato. Può essere divertente riprovarci».

fonte: www.lastampa.it
 
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agno92
view post Posted on 28/1/2012, 18:17     +1   -1




grazie!
 
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1 replies since 27/1/2012, 14:38   206 views
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