| Cinzia Th Torrini: “Nelle scene di sesso le donne non sono passive”
UN PRANZETTO tranquillo, in cucina: lei, lui e la giornalista di Io donna. Tutto biologico, certificato, scondito. Ai fornelli ci sono i padroni di casa: fianco a fianco, l’attore tedesco Ralph Palka e la regista fiorentina Cinzia Th Torrini. Vivono insieme da 14 anni; da 10 in questa grande e luminosa casa romana, piena di tappeti, mobili etnici, libri e foto, con un camino scoppiettante, un bel terrazzo. Sono qui per parlare degli amori mal vissuti/ inadatti/squilibrati celebrati in un pezzo da novanta della letteratura mondiale: La Certosa di Parma, che la Torrini ha diretto per RaiUno. E così, tra un seitan al sesamo e un budino di soia, affronto subito la questione centrale: Ci vuole coraggio per proporre Stendhal. Chi glielo ha fatto fare? Nessuno. Ho ricevuto la proposta, una grande coproduzione italofrancese e mi sono riletta il libro. Mi ha affascinato quest’idea che non si è mai adatti per l’amore: non è giusta l’età, i tempi sono sballati, le circostanze ancora peggio. Insomma, va sempre male. No, perché si segue un percorso, si cambia. Penso alla travolgente passione di Gina, duchessa di Sanseverina, per il nipote Fabrizio Del Dongo: lei ha il doppio dei suoi anni, è la zia. Perdente in partenza. Invece alla fine accetterà una relazione meno tempestosa ma più matura con il conte Mosca. E non sarà una rinuncia. Dica la verità: è lei la sua eroina. Gina mi piace. Accetta che il tempo passi, è giusto così. Non credo che amare a 20 e a 50 anni sia la stessa cosa: si deve passare attraverso dolori, porte sbattute in faccia. I ragazzi che piacevano a mia madre, io non li sopportavo. Volevo essere libera e lo sono stata. In quanto all’età: lo sa che qualche giorno fa ho chiesto a Ralph quanti anni ho? Non lo ricordavo. Sta scherzando? Mi creda, è così. Ne ho 57, uno di meno di quanto pensassi. Dico 57, potrei dire 47. Per me, ora, è la stessa cosa. Non si è mai sposata. Allergica? Ho vissuto sempre il lavoro in modo totalizzante. Quando giro, non esiste altro. Difficile che un uomo lo accetti. Avevo compagni, sì, preferibilmente a distanza. Quando ho incontrato Ralph, abbiamo deciso di convivere. Ero cambiata, o era arrivato lui al momento giusto, chissà. Qualche volta lavoriamo insieme (come nella Certosa, dove lui interpreta il generale Conti, il papà di Clelia, ndr) altre no. Comunque sceglie il casting, non io. Il suo compagno è tedesco. Lei ha una lunga consuetudine con la Germania. Ci ho vissuto 6 anni, quando ho lasciato Firenze per l’Accademica tedesca di cinema e tv. Ho avuto insegnanti come Werner Herzog e Wim Wenders. Poi, però, sono tornata in Italia, avevo un’incredibile nostalgia. Dopo il film Hotel Colonial, avrei potuto lavorare in America, ma anche in quella occasione ho scelto di rimanere nel mio Paese. È passata dal cinema alla fiction in costume. Non vuole affrontare la realtà? Non è così: ho fatto anche Plagio, Iqbal. Spesso le proposte di feuilleton mi arrivano, come nel caso di Elisa di Rivombrosa. Anche se l’ho trasformata: doveva essere la versione tv di Pamela, dal romanzo di Samuel Richardson, ambientato in Inghilterra. Io l’ho girato ad Agliè, in Piemonte. Dopo la messa in onda, al ca castello c’erano 9000 visitatori al giorno. Anche la Certosa è girata in Italia? Sì, abbiamo scelto di non delocalizzare. Il budget di quasi 8 milioni di euro lo permetteva. Abbiamo girato alcuni esterni nella reggia di Colorno, gli interni e la stanza del principe nella Rocca di Soragna, abitata dal proprietario. Siamo stati al castello di Rivalta, vicino a Piacenza, e al palazzo Ducale di Parma. Mi risulta che lei imponga ai suoi attori di non innamorarsi sul set. Ci riesce? Il precedente di Alessandro Preziosi e Vittoria Puccini dimostra il contrario. Non posso impedirlo. Ma un conto è che si fidanzino due costumisti; un altro, i protagonisti. Si complicherebbe molto il lavoro. Non mi è mai successo: Alessandro e Vittoria si sono messi insieme qua, a casa mia, dopo la fine delle riprese. Nella Certosa, come e più che in Elisa, ci sono immagini di sesso hot. Imbarazzo? No. Credo piuttosto che lo spettatore veda chiaramente se le scene erotiche sono girate da un uomo o da una donna. Nel primo caso, le donne sono vittime, passive. Nel secondo, diventano protagoniste. Io voglio rendere la gioia della passione, soprattutto quella femminile. E i suoi attori, tranquilli? Cerco sempre di essere protettiva, materna. Sistemo il lenzuolo per coprire quel che non si deve vedere. Hippolyte Girardot, il conte Mosca, aveva qualche reticenza a girare le scene erotiche. Poi gli è passata. Con gli attori francesi l’inizio non è stato facile: si mettevano di profilo, puntavano più sulla voce che sull’espressione. Alla fine si sono adattati alle esigenze della nostra recitazione. Ha funzionato. Come ha fatto? Pare che sia autoritaria. Non urlo; sono piccola di statura, non sarebbe il caso. Alterno il bastone alla carota. Ma preferisco lavorare in armonia. Una curiosità: cos’è il Th nel suo nome? Non l’ho mai spiegato a nessuno, neanche a mia madre. L’ho aggiunto quando avevo 12 anni, per mia scelta. Quindi non c’entra l’amore. Un voto? Nooo, non glielo dico. Qualche giorno fa, rimettendo in ordine, ho trovato un testo che avevo scritto in inglese, al liceo linguistico. Là, per la prima e ultima volta, spiegavo l’origine di quel Th. Ma l’insegnante mi mise 4. Ero andata fuori tema.
Fonte: Io donna
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